Le 4 “chiavi” per essere un albergatore di successo. Le stai utilizzando?

Questo articolo potrebbe farvi sentire protagonisti, nel bene o nel male.

Stavo lavorando alla stesura di alcuni case history di aziende che ho seguito negli anni ed è affiorato il ricordo di una consulenza di molti anni fa in un hotel dell’alta Toscana.

Ho sempre avuto la buona abitudine, fin dagli inizi del mio lavoro di consulente, di richiedere, dopo il colloquio con la Proprietà/Gestione, un breve colloquio con i Responsabili di Reparto.


Un altro punto di vista della stessa azienda aiuta a dipingere il quadro completo e a chiarire meglio gli obiettivi e le azioni da intraprendere.

4 stelle, buona location, servizi in linea, ampi margini di miglioramento della performance aziendale. Avrei potuto fare un buon lavoro relativamente al controllo di gestione, se non fosse che…

Ricordo il primo colloquio con il Capo Ricevimento (trattandosi di una piccola struttura, questa figura era associata al Direttore); dopo i convenevoli classici di chi si incontra per la prima volta, inizia a parlare (senza fermarsi) del perchè lui sia stato assunto per fare Direttore – per ricoprire una figura di responsabilità –  ma di come invece non avesse nessun potere decisionale.
Era rilegato ad un ruolo pari ad un segretario di ricevimento.

Tutto: assegnazione delle camere, rimborsi, cambi camera addirittura, dovevano essere autorizzate dalla Proprietà, con i tempi tecnici che questa poteva avere e con i conseguenti disagi ai Clienti.

Riconobbi in lui competenze tecniche adeguate alla fascia di hotel in cui operava, e riconobbi anche la sua difficoltà di operare anche solo nel quotidiano. Non parliamo nel lungo termine.


Mi congedai e passai alla governante.

Convenevoli e lamentele. La risorsa mi spiegò che l’assegnazione era effettuata (ogni mattina e non i giorni precedenti) dalla Proprietà, nella figura di una corpulenta donna 70enne che scriveva a mano le sue assegnazioni: la calligrafia, complice forse l’età, era tremolante e scomposta, rendendo la comprensione delle camere assegnate un rebus.

Impossibile suggerire cambi di assegnazione cha avrebbero alleggerito il lavoro delle cameriere ai piani. Il planning fumoso era legge e non permetteva modifiche.

Anche se parliamo di un hotel di medie dimensioni, era inserita la figura del Revenue Manager. Parlai anche con lui. Alla risorsa era affidato il compito delle sole modifiche tariffarie sui sistemi operativi; non era autorizzato a formulare tariffe di sua iniziativa.

Dunque e solo per ricapitolare: hotel 4 stelle, medie dimensioni, gestione snella, 3 figure manageriali assunte. Dico manageriali perché i loro salari mensili erano in linea con la figura di Responsabile anzi azzarderei anche sopra la media.

Ero stato chiamato per il controllo di gestione ma come spesso accade, mi ritrovai a parlare di Management.

Pensate che rimanessi zitto durante i colloqui?

Direte ovviamente che fui subito dalla parte degli addetti che non riuscivano a lavorare in maniera autonoma e fluida?

Nessuna delle due.

Durante i colloqui fui molto critico in riposta alle loro lamentele, non perché non fossero giuste (tutto il contrario) ma perché mi aspetto da chi ricopre tali figure che esprima le sue perplessità alla Proprietà, che metta in gioco le sue abilità di professionista del settore, che combatta (metaforicamente) per riconoscere l’importanza del proprio ruolo. 

Non vorrei più sentire il detto “attacca l’asino dove vuole il padrone”, è una vana speranza? 

Avete capito? 

Nessuno di loro, negli anni, aveva mia parlato chiaramente alla Proprietà delle incongruenze tra il lavoro svolto e quello che effettivamente erano pagati per fare.

Mai contraddetti, mai opposti a regole insensate.  Viene alla mente che lo scaltro in questi casi se ne guarda bene dal discutere sull’aumentare il proprio carico di lavoro e invece rispondo che ancora oggi ricordo benissimo l’aria frustrata di questi addetti, la cui voglia di fare e fare bene era soffocata quotidianamente da logiche mai risolte.

Il colloquio con la Proprietà fu quasi surreale. Se non avessi saputo che lavoravano nello stesso hotel degli addetti con cui poco prima avevo parlato, avrei giurato che si stessero riferendo ad un altro hotel!

Mi descrissero le figure impiegate come poco produttive, mancanti di quello spirito creativo e proattività che contraddistingue figure di alto profilo.

Non li licenziavano per fedeltà, non per mancata competenza.

In sostanza: hai deciso di assumere figure competenti, con un buon background, hai deciso di pagarle quanto la loro professionalità andrebbe pagata, e non le “sfrutti” per far volare alto la tua azienda?

Prima di andare avanti devo chiarire un concetto: 

  • La Proprietà dirama le disposizioni di vario genere e natura per il corretto funzionamento dei processi aziendali
  • Il Manager (operativo) deve occuparsi di rendere efficiente la macchina aziendale, rendere fluidi i processi e garantire una buona organizzazione interna. 
  • I collaboratori eseguono le procedure diramate da manager e Proprietà apportando nel miglior modo le competenze precedenti e quelle acquisite nell’azienda stessa.

Tutte queste tre figure devono avere bene chiaro che operano per un’unica azienda, con obiettivo “crescita” in termini di:

  • utile d’impresa  – redditività
  • qualità del servizio offerto.

Devo ahimè costatare che per l’80% il compito risulta arduo ed è evidente la mancata applicazione di due concetti basilari che ritroviamo in altre tipologie di aziende ad esempio quelle a vocazione industriale:

  • Un’adeguata e funzionale comunicazione interna
  • Il potere e l’efficacia della delega e la sua applicazione.

Per qualche oscuro motivo ci si aspetta che le azioni siano compiute in maniera corretta senza aver in nessun modo adottato una comunicazione chiara e limpida con l’interlocutore il quale, sarà poi il responsabile della messa in pratica della disposizione ricevuta. 

Un circolo virtuoso o vizioso? Comunicare è davvero così difficile?

A onor del vero molte aziende alberghiere sono ancora ancorate (anche inconsapevolmente) a vecchie abitudini del passato, dove il “manager “non esisteva e la parola della Proprietà arrivava in maniera diretta al subordinato. 

Ma i tempi cambiano e abbiamo ormai compreso che comunicare è la chiave di ogni buona impresa dai risultati positivi.

E’ dunque giunto il momento di porsi 4 domande.

1) Ricordiamoci poi di tenerci stretti i collaboratori per le loro competenze non per la fiducia che ci ispirano.

2) Riflettiamo con parole apparentemente difficili ma che sono un primo passo (teorico) verso il miglioramento della comunicazione interna.

3) Valutiamo la nostra “vision”. A cosa ci ispiriamo? Come ci vediamo tra dieci anni nello scenario economico? Quali sono i nostri ideali in tesi come impresa che opera nel settore? 

4) Fissiamo la nostra “mission”. Perché esiste la nostra azienda? Quale ruolo svolgiamo nella società? Quali sono i nostri obiettivi nel breve medio e lungo periodo? 

Poche semplici domande.

Tutti i vostri collaboratori saprebbero rispondere a queste domande?

E voi collaboratori sapete risponde a queste domande per l’azienda in cui lavorate?

Mi piacerebbe avere vostri pareri.

Dopo questa dose massiccia di “teoria” sulla comunicazione non potevo non spender altrettante parole sul

Potere e l’efficacia della delega. 

Ritornando all’esempio iniziale e per cui sto scrivendo questo articolo, vi dico che senza delega, senza controllo successivo alla delega, siamo destinati a esplodere sotto delle bombe del “to do” quotidiano.

Inutile proteggersi, non c’è scampo se non cambiamo strategia.

Fare tutto noi (ognuno per il posto che occupa nella scala gerarchica) ci porta a fare tutto male. 

Ho già detto che abbiamo a disposizione professionisti pagati per svolgere il lavoro che conoscono? Bene. Facciamoli lavorare.

Deleghiamo loro compiti senza la paura che possano non farlo o non farlo nel modo corretto; qui sta l’arte di comunicare quello che vogliamo da loro in modo autorevole e diretto. 

Ma non dimentichiamo l’azione più importante: la verifica delle azioni delegate. Altrimenti è tutto vano.

E nella pratica? Eccovi  alcuni consigli:

  • Iniziamo dalla vision e dalla mission: comunichiamo a tutti gli obiettivi aziendali fin dal primo giorno di assunzione.
  • Rendiamo chiari compiti e ruoli degli impiegati: un organigramma – funzionigramma potrebbe essere utile.
  • Una job description chiara per ogni risorsa, fa la differenza nello stabilire le singole competenze.
  • Misuriamo periodicamente risultati e confrontiamoci con i collaboratori l’andamento per valutare anche il clima aziendale. 
E poi? Come è finito l’albergo dell’alta Toscana? Bene naturalmente!